Senza più alibi

Per giustificare e rafforzare la propria obiezione al riconoscimento pubblico delle coppie gay, la chiesa cattolica porta a sostegno argomenti come il catechismo, la fede e l'insegnamento tradizionale: usati non per negare una celebrazione religiosa (che, ovviamente, è del tutto legittimo per la chiesa impartire a proprio insindacabile giudizio e discernimento), bensì per bloccare iniziative di tipo secolare, in pratica accordi civili.

Una delle obiezioni più serie, cui sempre - nella mia esperienza - sacerdoti e religiosi non riescono a controbattere, è che altre chiese "sorelle" (nella definizione scelta da Papa Giovanni Paolo II e respinta da Benedetto XVI) non solo ammettono tali contratti (unioni, matrimoni, patti), ma addirittura si spingono a benedirle!
Così anche la Chiesa di Scozia, una delle maggiori comunità che compongono la Comunione anglicana, ha deciso di ammettere la "benedizione" delle unioni gay e lesbiche, lasciando la scelta caso per caso ai singoli pastori, sacerdoti o diaconi.

Non sono riti matrimoniali, sia chiaro, ma semplici benedizioni della coppia: l'assemblea generale della Kirk ha votato a favore, rinviando all'anno prossimo una decisione definitiva valida per tutti.

Ora: se dopo la Chiesa di Svezia, anche un'altra comunione cristiana arriva a benedire le unioni fra due uomini o due donne, forse questi legami non sono così nocivi, nefasti, moralmente riprovevoli, oggettivamente disordinati come il catechismo della Chiesa cattolica va ripetendo, con convinzione crescente man mano che si susseguono le edizioni.
Ricordo che una prima versione, del 1997, fu emendata subito (possiedo l'originale con gli errata corrige) perché scriveva che l'omosessualità è una tendenza innata.

Con questo, non chiedo e non voglio che la Chiesa di Roma benedica le unioni gay, ma almeno che rivolga le sue energie a contrastare ben altre violazioni del Vangelo e del messaggio di Cristo.

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