Domenico Riso, falsi pudori e inutili reticenze

"Sapevamo tutti che era gay, ma questo non cambiava la nostra stima nei suoi confronti. Siamo molto dispiaciuti per l'immagine che alcuni giornali hanno dato di Isola delle Femmine, come di un paese chiuso e retrogrado. La realtà è che la vita privata di chiunque merita rispetto e lo merita ancor di più in una situazione tragica come questa".

Non sono disprezzabili (a parte quel ma...) le parole del sindaco di Isola delle Femmine, che in qualche modo rimette nella giusta luce una vicenda di cui davvero si è parlato troppo e male. Non c'è stato, dunque, nessun outing post mortem (come alcuni temevano), dal momento che tutti sapevano.

Ma allora, che c'era di male a chiamare le cose con il loro nome? A dare dignità di famiglia - senza virgolette - a un nucleo di affetti distrutto da un incidente? Nessuno pretendeva (sarebbe stato grottesco) che i giornali scrivessero "morto Domenico Riso, gay di Isola delle Femmine". Quella sì sarebbe stata una mancanza di rispetto inutile, una morbosità sciocca. Qui però si trattava di ricostruire, senza particolari, la linea di tre vite spezzate, che non meritavano l'oblio per una pruderie da Anni Cinquanta: le vite di Domenico Riso, Pierrick Charilas e Ethan, una famiglia distrutta da un disastro aereo. Tutto qui.

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