Il Senato di New York e il no ai matrimoni gay

C'è delusione, senza dubbio, nella comunità lgbt newyorchese, americana e internazionale per il voto con cui il Senato dello stato di New York ha bocciato - 38 no, 24 sì - la legge che introduceva il matrimonio anche fra persone dello stesso sesso.

Innanzitutto ricordiamoci che le coppie gay di New York, grazie al governatore, possono comunque sposarsi in un altro stato americano e poi vedere registrata la loro unione a New York. Poi c'è da prendere atto di quest'ultimo stop per la cosiddetta "agenda" dei diritti lgbt negli Stati Uniti.

Che cosa è andato storto? Alla Camera la legge - promossa con grande impegno dal governatore - era stata approvata con facilità, ma lì la maggioranza è ampiamente in mano ai democratici; al Senato invece il margine sui repubblicani è di soli due voti, 32 a 30, e alcuni senatori progressisti non sono così aperti e disponibili in tema di diritti civili. Diciamo che sono un po' delle Binetti americane.

Alla fine di un dibattito appassionante - con rivelazioni personali, mozioni degli affetti, richiami e parallelismi tra segregazione razziale e omofobia - solo 24 democratici hanno votato sì, mentre ben 8 si sono schierati con i repubblicani, tutti compatti nel respingere la legge. Nessuna frattura razziale, però: 9 senatori di colore su 11 hanno detto sì; e in particolare la senatrice Ruth Hassell-Thompson ha raccontato per la prima volta la storia del fratello maggiore, che aveva lasciato la casa e la famiglia perché era omosessuale e si era trasferito in Europa per vivere liberamente.

Nessuno della famiglia l'aveva mai cercato né aveva provato a farlo tornare indietro, finché lei stessa non era riuscita a rintracciarlo in Francia dove aveva scelto di vivere. "Non torno indietro perché nessuno nella mia famiglia mi ha chiesto di tornare", gli disse lui. "Ma tua sorella sì".

Dopo interventi di questo tenore, se non ancora più emozionanti ("Sono donna ed ebrea, quindi so qualcosa della discriminazione", ha detto la senatrice Liz Krueger), la maggioranza ha votato comunque no. I senatori, però, si sono assunti una responsabilità che non resterà senza conseguenze: la comunità lgbt di New York alle prossime elezioni presenterà il conto e saprà bene chi sostenere e chi osteggiare. Questo era solo il primo tempo.

Comments

Alexis Colby said…
Talvolta, quando guardiamo oltralpe e/o oltreoceano siamo portati automaticamente a pensare che là tutto vada meglio perchè siamo, naturalmente, attratti da tutto ciò che troviamo di positivo senza considerare, allo stesso modo, gli aspetti negativi.
Il fatto che sia stato eletto un presidente di colore, neanche lontanamente immaginabile qualche decennio fa, lascia sperare di essere sulla strada giusta per debellare il pregiudizio. Purtroppo, ancora persiste e Dio solo sa quanto tempo ci vorrà perchè vengano riconosciuti diritti che dovrebbero essere fondamentali in una società civile. Ma, del resto, se è ancora scandalosa anche solo l’idea che una donna possa parlare apertamente e a chiare lettere di sesso... cosa possiamo aspettarci?

P.S.: ho letto in ritardo il tuo apprezzamento verso il mio blog e ne sono davvero lieta. Confido che tu voglia continuare a seguirlo e spero di leggere anche qualche tuo commento. Mi piace come scrivi e come la pensi su parecchie cose. Ho letto qua e là i tuoi post. Inoltre, ho letto nel profilo che sei di Milano... interessante! ;)
Baci.
aelred said…
grazie cara.
dell'intervento e del tuo apprezzamento :)
Anellidifum0 said…
Sì, Village è di Milano come io sono di Toronto :-D

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