Moriremo di provincialismo?

Premetto dicendo che sabato a Torino ci sarò, che sfilerò nel corteo del Gay Pride e che vorrei che fossimo quanti più possibile in strada. Però.

Però, che pena! che provincialismo!

Il sindaco Sergio Chiamparino, appena rieletto con una maggioranza bulgara, non sfilerà, non si capisce bene per quale motivo. Si vergogna? Si imbarazza? Non condivide? Ecco le sue parole: «Andrò al convegno del 16, ma è certo che non sfilerò il giorno del corteo. Credo che per essere presente sia necessario condividere tutti i contenuti della manifestazione in tutte le sue parti e in questo caso non mi sentirei molto nella parte».

Che vuol dire, di grazia? Che neanche lui approva le baracconate e le carnevalate? E noi ce la prendevamo con la Moratti che non capiva le lotte dei lavoratori o con Berlusconi che non manifestava il 25 aprile.

Provincia, provincia, provincia. Questo paese è un'unica, grande provincia. La verità, sui mali dell'Italia, è che noi non abbiamo una grande città - come Parigi, Berlino, Londra, Madrid - in grado di andare avanti e condurre per mano il paese sulla strada della modernità. Siamo ancora fermi ai mille campanili. Con le stesse dinamiche provinciali di cento anni fa.

Così il Comune di Torino ha dato, sì, il patrocinio e ha finanziato qualche evento culturale legato al Pride; ma sulla festa di sabato sera - dopo il concerto di Antonella Ruggiero - è buio pesto. Niente parco della Colletta (che pure, leggo, fu usato per la Notte bianca), niente spazi dell'Università, che invece li aveva concessi per le Olimpiadi; nessuno spazio pubblico all'aperto per festeggiare. Alla fine si dovrà ripiegare su un'area al chiuso.

Ora: non pretendo che si faccia come a San Francisco, dove tutta l'area attorno al palazzo del Comune era chiusa e trasformata in un'enorme discoteca, con la bandiera arcobaleno che sventolava su ogni lampione e sul balcone del Palazzo al posto della bandiera a stelle e strisce.
Non pretendo che si faccia come a Madrid, che organizza già l'Europride del 2007 e si prepara il primo luglio di quest'anno ad accogliere manifestanti da tutta Europa.

Però si poteva fare qualcosa. In questo qualche responsabilità, temo, ce l'hanno anche gli organizzatori. Non puoi arrivare a meno di sette giorni dalla manifestazione finale e non sapere dove si festeggerà. Nel programma c'è scritto:

Concentramento

Ore 16 – Concentramento e formazione del corteo in Corso Bolzano, angolo via Cernaia
(Stazione Porta Susa).

Percorso

ore 17.30 – Il corteo partirà dal piazzale antistante la stazione di Torino Porta Susa e percorrerà Via Cernaia, via Pietro Micca, Piazza Castello, via Po. La manifestazione termierà in Piazza Vittorio Veneto. Dopo la parte istituzionale, è prevista musica dal vivo in piazza.

Concerto e Festa

Ore 21
Concerto in Piazza Vittorio di Antonella Ruggiero

Ore 23,30
Dancing Pride Night, Official Party

Ma se ancora non sappiamo dove si festeggerà? C'è anche del pressappochismo in tutto questo, la convinzione che comunque alla fine tutto si aggiusta.
Non so, forse le mie sono critiche ingenerose e di sicuro c'è qualcuno che sta lavorando per ottenere un ottio risultato, ma trova troppi ostacoli.
È certo che non siano stati trovati sponsor privati: ma è possibile che nessuna azienda, italiana o straniera, sia disponibile a sponsorizzare il Pride a Torino? Né un sarto né un produttore di auto, scooter, creme, profumi? Di quelli che sponsorizzano qualunque cosa appena superato il confine con Nizza?

Neppure Gay.com, la Klm o Citroen, che sponsorizzano anche eventi ad alto contenuto gay?
Che pena. Siamo un paese senza speranza.

Comments

Anonymous said…
una riflessione veloce: hai citato Madrid, Parigi, Berlino, Londra... tutte capitali...
io penso:
1. il pride che abbiamo è semplicemente quello che si è voluto costruire fino ad oggi (eccezion fatta per il WPG2000),
2. il fato che sia itinerante non aiuta,
3. diciamocelo chiaro: la gente identifica il Pride nazionale come il "Pride di ArciGay", poi c'è il "Pride del Mieli" ed il "Pride dell'OpenMind"

insomma, forse è il caso di ripensare un po a tutta la faccenda, a partire dai promotori con le lro beghe da cortile...

forse per il prox anno c'è qualche speranza, FacciamoBreccia propone di organizzare un Pride unitaio a Roma per il 2007.

FM
Gatto Nero said…
Che dire: anche io non apprezzo la parte relativa alle baracconate dei vari Pride.
Sono sindacabile per questo, o ho diritto di esprimere un dissenso al riguardo?
Mi sembra che la scelta di Chiamparino sia più che logica: "per andare a una manifestazione devi condividerne tutte le sue parti" + "non condivido ALCUNE parti" = "non vado alla manifestazione".
Non ha bocciato la manifestazione in toto.

@fireman: in pratica, per superare il problema delle beghe di cortile fra associazioni, arriva un'altra associazione che propone un'altro corteo? Siamo messi benissimo.
Il problema è la gente che queste associazioni le guida: quelli di FacciamoBreccia, che gente sono?
Perché di quelli che guidano le altre associazioni mi sono fatto un'idea abbastanza negativa, a naso.
Unknown said…
Molto giusta e ficcante l'osservazione di Fireman. Per non dire di come il mondo gay romano ha fallito le ultime elezioni comunali. Una vera porcheria, che ha toccato tutte le associazioni Glbt della capitale. Mille divisioni e, giustamente, nessun eletto.
Unknown said…
GattoNero, vabbè definire "baracconata" il gay pride aprirebbe una polemica con chiunque sappia qualcosa di storia del movimento GlbT che non basterebbe questo blog per discuterne. Salto a piè pari, ma sappi che sono in dissenso radicale con quella definizione.

Detto ciò: sempre, in politica, le associazioni e i partiti sono fatti da gente. Gente spesso non di eccelsa qualità, questo è quasi sempre vero, ma d'altro canto riflettono la media (niente di più che la media) della popolazione.

Il nostro problema, come italiani, è appunto questo: essendo assai bassa la media, per dati socio-culturali che non sto ad analizzarti anche perché penso li conosci come me, pure chi guida le associazioni non è ai livelli del resto del mondo occidentale.

Se così non fosse, non avremmo una sinistra radicale divisa in almeno 3 partiti, una sinistra divisa in almeno 4, e nel mondo Glbt almeno 10 grandi associazioni indipendenti che paiono più interessate a farsi la lotta tra loro che non ad avanzare nei diritti per tutti.

Fin qui la critica. (...)
Unknown said…
(...) La parte costruttiva è la seguente.

Io ci ho provato a offrire una candidatura apertamente Glbt per il Consiglio comunale di Roma. Certo, ero iscritto al Mieli, ma in ottimi rapporti personali e politici con le altre realtà Glbt di Roma e d'Italia.

Ho rivendicato il mio essere un candidato espressione dell'intera comunità e non di una singola associazione. Sai qual è stato il risultato? Dal Mieli si sono lamentati che avevo dato un'impressione di distacco da loro, mentre Arcigay Roma mi ha depennato dall'elenco dei 12.000 candidati che appoggiavano, per timore forse di darmi eccessivo appoggio. Non parliamo di ciò che ha fatto il Dgp, per carità di spirito di corpo.

Alla fine mi sono preso 95 voti. Manco malissimo, ma certo molto meno di quel che pensavo (dai 150 ai 600). Il risultato è che in Comune siedono rappresentanti dell'Opus Dei, del post-fascismo, del clericalismo vario, ma nessuno riferibile alla nostra cultura.

Sinché i vertici delle associazioni Glbt italiane non capiranno questa lezione, come comunità non avremo mai nulla.
Anonymous said…
non entro nel merito della discussione "baracconate si, baracconate no" che a mio parere è secondaria dal momento che con un numero maggiore di partecipanti quelle che vengono definite "baracconate" si dissolverebbero nella massa; inoltre, nemmeno io amo certe esternazioni ma non ci penso assolutamente nè a stigmatizzarle, ne tantomeno a non andare al pride.

in merito alle associazioni invece, condivido il pensiero che se in comitati tipo "facciamobreccia" confluiscono le solite 4 teste, allora siamo punto e daccapo... ma mi chiedo: è possibile non si riesce a liberarci di questi che oramai sono pesi per il "movimento"? questa è la domanda da porsi, come mai son sempre gli stessi ad aprir la bocca e parlare? perhe noi siamo qui su un blog a discutere di ciò?
Anonymous said…
Condivido in toto il post di Aelred e le osservazioni di AnelliDiFumo. Comunque per quanto riguarda le associazioni Glbt, mi sembra che non ci siamo proprio: ognuna rappresenta sé stessa e alla fine é totalmente inefficace. Sto seriamente pensando di contattare HRC e sapere se é possibile fondare qualcosa di simile o, perche no?, avere una loro "filiale" anche in Italia. In alternativa mi rivolgerò a Glaad. Entrambe sono distanti anni luce da qualsiasi associazione presente sull'italico suolo, ma soprattutto sono le teste degli attivisti ad essere veramente funzionanti!
Unknown said…
L'idea di Stepa è molto buona. Io posso provare a essere la vostra testa di ponte con le associazioni canadesi, dal momento che tra un po' andrò a vivere lì. Aelred, Fireman, GattoNero: diventare la filiale di Act Up o di un'altra associazione internazionale per i diritti delle persone Glbt potrebbe essere la chiave di volta.
aelred said…
Se filiale dev'essere, voglio OutRage o Stonewall
Gatto Nero said…
Riguardo al "baracconate", mi pare ovvio che non mi riferissi ad una generalizzazione del Pride. Allo stesso modo mi pare particolarmente cieco far finta che di baracconate, nel Pride, non ce ne siano. Riguardo al resto:

In tempi non sospetti, avevo scritto una serie di post (anche un po' controversi, lo ammetto) sull'argomento dell'attivismo gay. Li trovate qui.)
Devo essere onesto, il mio rapporto con l'attivismo e l'associazionismo italiano è quello tipico di un esterno: non ne ho mai fatto parte, non ho - quasi - mai conosciuto persone che ne facessero parte anche se ultimamente ho avuto modo di confrontarmi con alcuni di loro. Apprezzo il lavoro di alcuni, ma da esterno posso anche permettermi di dire come (da molti) il lavoro delle associazioni italiane sia visto.
E in fondo è anche per questo che non ho finora partecipato al Pride.

Basta guardarsi in giro: in chat, nelle ML (ricordo una bella discussione con vari partecipanti alla mailing list di Rainbows, il fumetto di Gay.it - tristemente - cancellato) la gente delle associazioni italiane attuali pensa male. Molto male.
Ecco sì: un po' attaccate ai soldi.

Avere un'altra associazione, con degli altri presupposti, altri principi, altre dinamiche e altri componenti non mi darebbe assolutamente fastidio, anzi.
Non sono tipo da stare con gli occhi chiusi davanti alle cose che non vanno, sono abituato a fare. Non poterlo fare per una serie di cose accessorie (leggi: non ho ancora fatto outing in famiglia, per quanto ne abbia intenzione al più presto) mi pesa un po' e spero di risolvere presto.
Ma avrei il mio stile, e non è detto che concorderebbe con quello di altri.

Mi piacerebbe una associazione omosessuale che puntasse più ad una rielaborazione dell'immagine del gay che non ad un urlata (e a volte sguaiata) rivendicazione di diritti.
Per intenderci: preferirei si organizzasse un bel festival di cultura omosessuale nazionale, pubblicizzato e spinto anche sui media nazionali, che non un Pride.
Vorrei una associazione che si muovesse un po' più attivamente nelle scuole, che organizzasse riunioni e convegni con i ragazzi (sperando in presidi illuminati). Vorrei una associazione che lottasse in maniera decisa contro l'AIDS, e non distribuendo quattro preservativi in un angolo mortificato di un locale da loro sponsorizzato con una bella dark a quattro passi.

(Però sono ancora più onesto dicendo che non ho la minima conoscenza delle associazioni culturali omosessuali estere, per quanto siano in molti a parlarne bene)

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