Il marchio di Josepho

Davvero, non volevo parlare di questa storia. No comment, mi ero ripromesso.

Però, poi, ho letto bene i particolari della messa al bando per i sacerdoti gay. E ho pensato che qualcosa va detto.

La chiesa cattolica romana ha il diritto di fare ciò che vuole con i suoi dipendenti, sceglierli con determinate caratteristiche o rifiutarli per il loro orientamento sessuale. Sono affari suoi. Anzi, probabilmente i seminari si svuoteranno più di quanto non sia già successo negli ultimi trent'anni. Però.

Però, il divieto che Benedetto XVi sta per rendere pubblico diventa inevitabilmente uno stigma sociale, un "marchio di Caino" per tutti i gay. La loro omosessualità è equiparata a una menomazione, diventa un impedimento e, di questo passo, prepara e giustifica tutte le altre discriminazioni. Se un maschio etero può diventare prete, con un voto di celibato, non si capisce perché la stessa rinuncia non sia accettabile da parte di un uomo gay. A meno di affermare, sotto traccia, che l'omosessualità è una specie di marchio di infamia, che impedisce persino di rispettare un impegno solenne.

Non è un caso che gli strali del Vaticani puntino dritto alla "cultura gay" e alle tendenze "profondamente radicate". Sotto sotto c'è scritto:
Scopate pure con altri maschi, concedetevi pompini e inculate, ma non venite a dirci che siete "gay". I gay non esistono.

Tanto è vero che i rettori dei seminari devono «verificare tra l'altro che sia stata raggiunta la maturità affettiva». Come a dire che gli "omosessuali militanti" (cioè i gay) sono affettivamente immaturi.
Che tristezza e che pochezza in queste gerarchie cattoliche. Sono già morti e sepolti e nemmeno lo sanno.

Comments

restodelmondo said…
No, ZaMM: non aspettiamoci cultura da *questa* chiesa cattolica. Gli anni di Woytila hanno raso al suolo non solo il dibattito, ma anche la speculazione teologica e filosofica "interna" - è così più facile avere a che fare con un'adunata di adolescenti adoranti, piuttosto che con un articolo di venti pagine scritto da un gesuita competente e intelligente...

Detto questo: come fanno a saperlo? Una parola: gaydar. (Seriamente: vedo bene un allegro clima di grande fratello e ricattabilità diffusa.)
aelred said…
muchas gracias, Javi :)
Anonymous said…
Se nella policy aziendale della Chiesa Cattolica Romana non sono previste le "pari opportunità" è un problema interno loro. Se il suo Aministratore delegato (denominato "papa") vuole licenziare i dipendenti gay, questi potrebbero fare altro o intentare una causa per licenziamento ingiusto, sarà poi il presidente dell'Azienda (tale Dio) a decidere in sede di consiglio di amministrazione.
Un saluto dal Guapo
Anonymous said…
Sarà interessante vedere cosa succederà negli Stati Uniti, dove le organizzazioni con regolamenti interni apertamente discriminatori sono spesso tagliate fuori da contributi pubblici, incentivi fiscali, ecc. E' lì che la Chiesa cattolica rischia grosso.

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