A la guerre comme à la guerre

«Per difendere le nostre posizioni, siamo disposti a qualsiasi guerra».
Una frase del genere, attribuita dal primo quotidiano italiano - notoriamente moderato - al presidente della Conferenza episcopale italiana è sintomatica dello stato di deterioramento cui sono arrivati i rapporti fra la Repubblica italiana e le gerarchie cattoliche.

Non solo la Cei, che riunisce i vescovi, si prepara a "dare battaglia" sui valori e sulle leggi che coinvolgono scelte di morale, ma il Vaticano non rinuncia a dare il proprio giudizio su un eventuale candidato del centrodestra alternativo a Berlusconi. In questo senso ci sarebbe più di una reticenza ad appoggiare Gianfranco Fini, reo di essersi smarcato pubblicamente, per ben due volte, dai diktat di Oltre Tevere. L'ultima, quando non ha escluso una legge per le coppie di fatto, ma soprattutto quando ha sostenuto il Sì al referendum sulla procreazione, criticando sotto il profilo etico l'invito all'astensione.

In qualsiasi altro paese sarebbe inaudito, se non ridicolo, il solo pensare a una sorta di "gradimento preventivo" da chiedere ai vescovi. In Italia no. E il destino di un uomo politico può essere deciso nelle sale vaticane. Non è un caso quindi che tutti i cittadini interessati a un confronto laico e sereno di opinioni siano oltremodo preoccupati dal clericalsismo, prima strisciante e oggi sfacciato e rivendicato, delle forze politiche.
Quasi che gli unici valori fossere quelli religiosi e non ci fosse, al contrario, una riserva di virtù civili e valori "laici", che in Italia sono stati incarnati da intellettuali di varia estrazione e collocazione politica, come Norberto Bobbio, Indro Montanelli o Ernesto Rossi.

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